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I principali metodi di indagine geofisica sono:

  • Metodo gravimetrico: per ricerche di filoni e di corpi minerari che presentino un contrasto di densità rispetto alle rocce incassanti; per l’individuazione di faglie, anticlinali, sinclinali, duomi salmi, trappole strutturali per idrocarburi. Valido, in certe condizioni, per ricerche di cavità sepolte.
  • Metodo magnetico: per ricerche di giacimenti minerari (contenenti elementi ferrimagnetici) e dì rocce eruttive sepolte, per la determinazione della profondità del basamento nelle ricerche petrolifere.
  • Metodo sismico: per ricerche strutturali, come quelle indicate nel metodo gravi-metrico (il quale può essere, in certi casi, utilizzato come metodo di ricognizione di vaste aree per delimitare le zone di impiego della sismica). È valido per ricerche stratigrafiche e in molti problemi di ingegneria civile. Vasto è l’impiego negli studi crostali.
  • Metodi elettrici ed elettromagnetici: sono impiegati per ricerche idrogeologiche, stratigrafiche, strutturali, giacimentologiche; anche per indagini subcrostali, molto profonde (metodo magnetotellurico).
  • Metodo geotermico: per la ricerca di fonti di energia geotermica e per studi tettonici e dinamici.
  • Metodo radiometrico: per la ricerca di minerali radioattivi e per studi idrologici.
  • Carotaggio geofisico: consiste nell’impiego dei metodi precedenti, anziché in superficie, entro pozzi perforati al fine di determinare importanti parametri fisici del sottosuolo.
  • (tratto da "Elementi di geofisica applicata" 1982 – A. Norinelli – Patron Editore)

    Tra i più applicati vi sono i due seguenti:

    Metodo sismico a rifrazione

    Il metodo sismico a rifrazione ha la sua origine e fondamento nelle leggi che governano la propagazione delle onde elastiche nei terreni e nelle rocce, la quale è funzione delle costanti elastiche e della densità propria delle rocce attraversate.

    Le onde elastiche, o sismiche, si generano dal moto vibratorio delle particelle di un corpo, che si innesca quando questo viene sollecitato da uno sforzo impulsivo. Una volta generate, le onde elastiche si propagano in tutte le direzioni interessando tutta la massa del corpo; di solito, nella sismica a rifrazione con debole profondità di investigazione, vengono prese in considerazione le onde longitudinali (chiamate anche onde di compressione o onde "P"), le quali si propagano nella medesima direzione di vibrazione delle particelle.

    Nel metodo sismico a rifrazione vengono analizzati i tempi di propagazione delle onde elastiche che, generate al suolo, si rifrangono su superfici di discontinuità. Perché avvenga il fenomeno della birifazione e quindi possa essere applicata questa metodologia, è necessario che le velocità dei terreni investigati siano crescenti con la profondità. E' necessario anche ricordare che non sempre una discontinuità individuata con metodologie sismiche coincide con una discontinuità litologica, in quanto la velocità di propagazione delle onde sismiche può cambiare nell'ambito di uno stesso litotipo a causa di variazioni dello stato di addensamento, fratturazione, porosità, grado di imbibizione ecc..

    La metodologia operativa consiste nel misurare i tempi di percorso delle onde, dal punto di energizzazione ai punti di ricezione (rappresentati dai geofoni); tali dati vengono poi plottati su diagrammi tempo - distanza denominati "dromocrone" , dalla cui interpretazione si ottengono le informazioni sulle caratteristiche elastiche del sottosuolo. Queste ultime vengono poi correlate a determinati litotipi ed in questa fase risulta di particolare importanza avere dei punti di taratura, rappresentati possibilmente da sondaggi geognostici, i quali consentono di associare in modo univoco le velocità sismiche ai litotipi presenti.

    Metodo della resistività

    Il metodo geofisico della resistività, che è compreso tra i metodi "elettrici", si basa sulla capacità della corrente elettrica di fluire attraverso terreni e rocce, prevalentemente per movimento di cariche ioniche. Pertanto, la conduzione elettrica è influenzata da alcune caratteristiche chimico - fisiche del mezzo, quali il grado di imbibizione, la salinità dell'acqua, la porosità, la temperatura e la natura chimico - mineralogica dello scheletro.

    Da queste considerazioni emerge immediatamente l'estrema variabilità dei valori di resistività specifica che caratterizzano le rocce ed i terreni, tanto che si possono incontrare elettrostrati aventi resistività comprese tra pochi
    ohm x m a migliaia di ohm x m.

    In linea generale, terreni a granulometria grossolana (ghiaie e detriti di falda) e rocce quali calcari, dolomie, graniti, basalti ecc. possiedono resistività medio elevate, mentre terreni a granulometria fine, rocce alterate, argilliti e marne sono caratterizzate da resistività medio - basse.

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